Kyoto è più vicina

cianciullo4Un po’ per virtù un po’ per crisi, l’Europa si avvicina agli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto. Tra il 1990 e il 2008 le emissioni di gas serra sono diminuite del 6,5 per cento (a fronte di un obiettivo dell’8 per cento al 2012) nell’Europa a 15 e dell’11,3 per cento nell’Europa a 25. E la velocità del processo sta accelerando: tra il 2007 e il 2008 nell’Europa a 15 si è registrata una riduzione dell’1,9 per cento. Tra i settori più virtuosi troviamo l’industria manifatturiera con un taglio di 77 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, seguita dal settore rifiuti (meno 68 milioni di tonnellate), mentre continuano a crescere le emissioni del settore trasporti (più 135 milioni di tonnellate) e quelle collegate agli edifici (più 46 milioni). L’Italia era a quota 517 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 1990 e nel 2008 era salita a 541 tonnellate: più 4,7 per cento a fronte di un impegno a ridurre del 6,5 per cento le emissioni entro il 2012. L’inventario dell’Unfccc, l’organismo Onu che segue la convenzione sui cambiamenti climatici, si ferma al 2008 e quindi non ha potuto registrare né il tardivo e parziale miglioramento delle prestazioni del sistema energetico italiano (i dati parziali riferiti al 2009 segnalano un meno 9 per cento) né il pieno effetto di riduzione prodotto dalla crisi. Segnala comunque con chiarezza il successo del trend europeo, con le due vistose eccezioni dei trasporti e dell’edilizia su cui si sta ora concentrando l’attenzione dell’Unione. In Italia si aggiunge il problema rifiuti: in questo settore il distacco tra l’Italia e l’Europa in termini di efficienza cresce. Nel complesso comunque il segnale che viene da questi numeri è evidente: Kyoto è più vicina. L'obiettivo che tanti consideravano impossibile è stato presumibilmente (calcolando gli ulteriori tagli registrati dopo il 2008) raggiunto. Certo, c'è da considerare la spinta delle emissioni verso l'alto in coincidenza con l'augurabile uscita dalla crisi economica. Ma l'andamento dei paesi più virtuosi mostra che proprio il motore economico gira più veloce quando si scommette sull'innovazione tecnologica, sull'efficienza e sulle fonti rinnovabili. E, visti i margini in settori come l'edilizia che da sola vale il 40 per cento delle emisisoni serra, si può giocare con fiducia la partita del rilancio ecologico.

12 commenti

  • Si sta consolidando a Campiglia Marittima (LI) la prima esperienza nazionale di proprietà diffusa di un impianto di mini-eolico.
    Per la metà del prossimo mese è prevista la costituzione ufficiale della srl “fischiailvento” e le adesioni sono state aperte a chiunque voglia investire una quota di risparmi di almeno 5.000 €.
    Ora i proponenti stanno lavorando sullo Statuto della srl per arrivare al rogito notarile.

    Le adesioni possono pervenire al coordinatore della iniziativa: sozzi.gino@alice.it

    La turbina sarà una Libellula 55, l’unica prodotta in Italia nello stabilimento di Prato ed interamente realizzata con componenti nazionali ( http://www.aria-srl.it)

    Il luogo di installazione è stato individuato sul crinale della Cava di Campiglia, a circa 560 m.s.l.m. e di fronte alla costa, dove i venti, già misurati, sono intorno a 6,9 m/sec. su base annua e garantiranno la produzione di circa 160.000 KWh all’anno.
    Alla tariffa omnicomprensiva di 30 c€ per KWh e detratti gli oneri assicurativi e di manutenzione l’utile lordo ante tasse si aggirerà su 45.000 €/anno.

    La società Cave di Campiglia, proprietaria dell’area ha già dato la propria disponibilità a concedere, a titolo gratuito, il piccolo fazzoletto di terreno necessario alla installazione.

    Il Comune di Campiglia è uno dei pochi, in Toscana, che consente l’installazione di mini-eolico senza frapporre ostacoli ed applicando pienamente la legislazione nazionale e regionali. Altrove una iniziativa di questo tipo non sarebbe stata possibile.

    Il gruppo di cittadini che ha iniziato il percorso spera di avere un numero sufficiente di adesioni per coprire l’intera spesa di installazione che si aggira su 200.000 €. e quindi arrivare a 40 – 45 sottoscrittori.

    Questo numero corrisponde non solo alla copertura finanziaria dell’impresa, ma anche, se si considera che 45 famiglie sono circa 135 persone, ai fabbisogni elettrici per uso domestico di tutte le famiglie aderenti.
    Insomma ci saranno 45 famiglie che si staccano dal petrolio per l’energia elettrica, guadagnandoci pure.

    E’ il concetto della sussidiarietà, dell’uso secondo del panorama poiché si installa su una cava, della socializzazione della green economy. Insomma se si volesse fare il bilancio ideologico si farebbe il pieno.
    Ovviamente ci sono i contrari, come succede sempre quando si parla di fonti rinnovabili, in questa Italia del declino.

  • [...] This post was mentioned on Twitter by Sergio M., DeboraH, Matteo, CgsVittorioBachelet, Team Avoicomunicare and others. Team Avoicomunicare said: È stata la crisi a tagliare le emissioni di gas serra del 2009. Ma se fossero anche i primi passi della green economy? http://is.gd/f88M0 [...]

  • Essepoint, tutte le forme di produzione energetica ricevono incentivi, in un modo o nell'altro.

    Pensi che il nucleare, se mai lo faranno in Italia, lo pagherà veramente l'Enel? Stiamo ancora pagando in bolletta lo smantellamento di quello vecchio e, per quello futuro, già hanno detto che lo Stato dovrà garantire gli investimenti garantendo un prezzo minimo del kWh. Insomma: se va bene ci guadagna l'Enel, se va male (per esempio perchè le rinnovabili saranno allora diventate così economiche da rendere inutile il nucleare) le perdite le pagherà il pubblico...

    E i contributi CIP6 (anch'essi pagati in bolletta per decine di miliardi), che dovevano andare alle rinnovabili, finanziano in gran parte raffinerie e inceneritori, pardon, termovalorizzatori.

    Quella sul FV è una scommessa che tutti i paesi avanzati stanno facendo: si aiuta lo sviluppo di una fonte energetica dai vantaggi straordinari, cercando di farle superare l'handicap di dover competere in un mercato drogato dai combustibili fossili, in modo da innescare una produzione di massa di pannelli e di attrarre ricerca scientifica, che facciano crollare i prezzi e migliorino l'efficienza dei pannelli.

    E il bello è che la scommessa sta funzionando: i prezzi si stanno riducendo ad una velocità tale che in pochi anni non ci dovrebbe essere più bisogno di incentivi. Se questo avverrà, i soldi investiti oggi dai cittadini attraverso le bollette elettriche, saranno fra i meglio spesi della storia.
    Basti pensare che, continuando a questi ritmi di crescita, quando le fantomatiche centrali nucleari italiane dovrebbero entrare in funzione, in Italia ci potrebbero essere una ventina di GW di impianti solari FV (a fine 2010 dovrebbero essere circa 2,5 , e
    in Germania sono già a 10), che produrrebbero già tanta energia quanto due centrali nucleari.

    Bisognerebbe però trovare la strada per aumentare l'efficienza del FV, senza renderlo troppo costoso o insostenibile ambientalmente, e, sopratutto, individuare un modo economico ed efficiente per immagazzinare l'energia, per usarla quando serve e non c'è il Sole.

    Questo è il futuro, petrolio e nucleare sono XX° secolo.

  • [...] due post. Nel primo il giornalista di Repubblica Antonio Cianciullo ci dice che “Kyoto è più vicina”, perché nell’Unione europea tra il 1990 e il 2008 le [...]

  • Nel quadro di una generale riduzione dei consumi di energia primaria e di emissioni di CO2 a livello europeo, colpisce il trend opposto manifestato dai trasporti. Una possibile strada innovativa, finora trascurata, ma molto più realistica di altre soluzioni quali quella dei veicoli ad idrogeno, su cui pure si sono investite risorse ingenti, è quella dell'utilizzo diretto del fotovoltaico sulle vetture elettrico ed ibride. La soluzione è molto più vicina di quanto sembri: chi fosse interessato può approfondire il tema su: http://www.dimec.unisa.it/leonardo_new/press/Costozero_12_2009.pdf

    Gianfranco Rizzo
    Università di Salerno
    http://www.eprolab.unisa.it

  • I prezzi del fotovoltaico stanno scendendo, e ci sono novità tecnologiche in arrivo, tra un paio di anni non saranno più necessari i contributi statali per essere convenienti, a quel punto tutti troveranno conveniente installarli sui tetti e non ci sarà più bisogno di centrali elettriche, se non per compensare i picchi, in quanto la rete elettrica avrà la produzione nei suoi nodi. I padroni del vapore si devono rassegnare, la loro epoca sta finendo. Il pianeta ha una nuova occasione, e anche tutti noi.

  • Accogliere questa notizia in senso positivo mi sembra decisamente fuori luogo, è come dire a calcio che il nostro attacco e fortissimo perchè gli avversari fanno tanti autogol.
    Nel mondo ed anche in Europa si fa ancora troppo poco per ridurre le emissioni di CO2 (vedi Copenhagen e le tristi prospettive per il prossimo COP in Messico). Non parliamo poi dell'Italia che solo qualche hanno fa dava esempi di legislazione ed incentivi, ed oggi non riesce mnimimamente a cogliere le oportunità per l'ambiente, gli investimenti e l'occupazione date dalle fonti rinnovabili, a causa della solita politica dell'oggi e dellla burocrazia sua schiava.
    Vedere a proposito questo interessante link: http://www.sandbag.org.uk/

  • @mcdavid ovviamente il "tuo" piccolo impianto fotovoltaico lo pagherà profumatamente tutta la comunità (contributi&detrazioni significa soldi di tutti), per ottenere un guadagno effettivo in termini di risparmio di emissioni trascurabile

  • Anch'io ho un piccolo impianto FV, ma non sono così pessimista come mcdavid.

    Un po' grazie alla crisi economica, un po' grazie a qualche escamotage dell'ultimo momento (conteggio della maggiore superficie forestata, per esempio), un po' grazie a cose più serie, come l'enorme espansione del FV, l'Italia acciufferà il limite di Kyoto all'ultimo istante, come nei migliori thriller...

    Gli incentivi al Fv vengono diminuiti in base ad un accordo stato-produttori FV (questi chiedevano un -15%), che è perfettamente logico, visto che gli impianti hanno subito un crollo dei prezzi quasi identico alla diminuzione degli incentivi. L'idea, infatti, non è quella di sovvenzionare a vita questa industria (con i soldi dei cittadini), ma diminuire gradualmente gli appoggi, fino a farla camminare con le sue gambe.

    Il problema vero, caso mai, è che finora i nostri incentivi sono andati per lo più ai produttori tedeschi, giapponesi, cinesi e americani di pannelli FV. Speriamo che ora si consolidi la nascente industria italiana del FV, e grazie al sacrificio dei cittadini di questo paese, diventi competitiva, magari interagendo con gli enti di ricerca scientifica per produrre sistemi innovativi.

    Altrimenti tutto questo sforzo finanziario (si parla di decine di miliardi di euro, che verranno dati, via incentivi, a chi produce energia solare, nei prossimi venti anni), non sarà veramente servito a nulla.

  • In Europa, ma nel resto del mondo cosa accade ?

  • Nel settembre 1943 l'industria italiana produceva allegramente biplani da caccia....
    Ecco, penso che il problema sia sempre quello: massimo profitto, minor spesa e assoluta mancanza di senso della nazione intesa come persone, luoghi, tradizioni e necessità comuni. Sono fatti così.

  • ma anche lo stato italiano e questo lungimirante governo sta dando il proprio contributo. Anzi il nostro presidente solare ha pensato di ridurre i contributi per chi installa i pannelli fotovoltaici nel 2011 del 20% e probabilmente togliera' le detrazioni per quelli termici.
    Il risultato: gli altri stati europei raggiungeranno il protocollo di kyoto e quindi non pagheranno multe e di troveranno opere di energia rinnovabili gia' pronte e utilizzabili per i prossimi decenni. L'italia non raggiungera' tali risultati: quindi paghera' le multe (tutti i cittadini anche quelli piu' diligenti), avra' aria sempre piu' irrespirabile e sara' sempre piu' dipendente da altri stati per l'energia.
    Con ringraziamento eterno delle lobby in parlamento del nucleare e del petrolio.
    Per inciso: il mio piccolo impianto fotovoltaico casalingo produrra' nel suo ciclo di vita un quantitativo di energia producibile bruciando 28 tonnellate di petrolio.