lotta al virus

Un anno di coronavirus, cosa sappiamo e cosa resta da capire

Da dove ha avuto origine il SARS-CoV-2? Quali Paesi lo hanno contrastato meglio? Quando finirà? In 12 mesi si sono capite molte cose, altre restano incerte

di Luca Salvioli

Impiegati in pausa pranzo, distanziati, nella fabbrica Honda di Wuhan il 23 marzo 2020. Foto dell’anno Afp

6' di lettura

Il 31 dicembre del 2019 le autorità sanitarie di Wuhan comunicano alcuni casi di «polmonite virale» sul loro sito. L’Oms locale trasmette il messaggio all’organizzazione. Gli esperti di Hong Kong e Taiwan raccolgono subito informazioni ed entrano in modalità d’emergenza, facendo tesoro dell’esperienza della Sars. Il primo tweet dell’Oms è del 4 gennaio.

Il primo tweet dell’Oms sul coronavirus

La comunicazione arriva 4 giorni dopo il primo messaggio delle autorità di Wuhan

Il primo articolo del New York Times è del 6 gennaio, lo firmano due corrispondenti da Pechino: «China Grapples With Mystery Pneumonia-Like Illness» (La Cina combatte contro una misteriosa malattia simile alla polmonite). L’articolo informa che la censura ha già bloccato l’hashtag #WuhanSARS.

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Quando sembrava solo un caso cinese

Dal 21 al 24 gennaio, a Davos, in Svizzera, si tiene il celebre forum della finanza internazionale. Si parla di capitalismo responsabile e ambiente. Le stime economiche per il 2020 sono di crescita. Si menziona poco quella polmonite di Wuhan che nel giro di pochi giorni porterà al lockdown di tutta la regione dell’Hubei, travolgendo l’economia globale.

Il resto della storia lo sappiamo. Riletto oggi, appare palese quanto poco sapessimo di questa minaccia. E quanto poco fosse pronto l’occidente ad affrontare una catastrofe sanitaria. In questa pagina costantemente aggiornata su Lab24 abbiamo raccolto i fatti salienti in una cronistoria di questi 12 mesi. Cose che noi umani , perché quello che è successo dopo non lo avremmo neanche immaginato. A partire dal mondo che progressivamente si ferma, mettendo in campo interventi di chiusura e quarantena che fino ad ora erano appartenuti a un linguaggio di altre epoche.

La timeline dei lockdown nel mondo

Nella mappa qui sotto abbiamo rappresentato l’intensità dei vari lockdown nelle varie aree del mondo con i dati dell’Oxford COVID-19 Government Response Tracker. L’Italia è il primo paese a fermarsi, poi arrivano il resto dell’Europa e gli Stati Uniti, con misure simili ma di differente severità.

INTENSITÀ DEI LOCKDOWN NEL MONDO
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Le origini ancora ignote

Il 2020 è stato un anno lungo, inedito e drammatico. Sappiamo moltissimo di più rispetto all’inizio sul virus e sulle capacità di contrastarlo, anche se restano importanti zone d’ombra che solo il tempo potrà colmare. A partire dalle sue origini. Come spieghiamo in questo articolo che fa il punto sulla conoscenza scientifica a oggi, l’inizio viene ormai collocato ben prima di un anno fa. Nel mondo animale addirittura ci sono tracce di coronavirus molto simile a SARS-CoV-2 in campioni di pipistrello del 2010, con analogia genetica del 97%. Il che significa che il tema chiave è il passaggio di specie, anche in chiave preventiva per il futuro. La minaccia è diffusa in natura e il rischio elevato.

Il martello e la danza

L’articolo più condiviso su come contrastare il virus è The Hammer and the dance di Tomas Pueyo, pubblicato a marzo su Medium. Ha successo perché spiega con semplicità la teoria di abbattere la curva per dare tempo alla scienza per realizzare i vaccini. Il modo in cui viene applicata è tuttavia molto diverso nel mondo. “The dance”, ovvero la fase danzante dopo la fase di lockdown, l’hanno davvero sperimentata soltanto la Cina, in parte altri paesi asiatici, Australia e Nuova Zelanda.

Tempestività, testing, confini

Nei grafici qui sotto abbiamo messo in relazione il numero giornaliero di test per ogni nuovo caso confermato. Nello stesso grafico si trovano casi e decessi confermati quotidianamente. Prendiamo in esame Corea del sud, Italia e Australia. Il risultato sarebbe simile se al posto dell’Italia prendessimo un altro grande Paese europeo o gli Stati Uniti. Queste chart rendono evidente come la Corea del sud abbia puntato sul fattore tempo, aumentando drasticamente la capacità di testing al primo insorgere dei casi insieme alle chiusure.

TEST COVID-19: CONFRONTO TRA AUSTRALIA, COREA DEL SUD E ITALIA
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La strategia coreana ha funzionato nella prima e seconda ondata, con una mortalità a oggi di 1,5 per 100mila abitanti, contro i 117 dell’Italia. Nella terza ondata, attualmente in corso, anche il paese asiatico è in difficoltà. L’Australia si distingue anch’essa per l’elevato numero di test e dopo un lockdown molto lungo ha sostanzialmente azzerato il contagio. Quando, come successo sotto le festività, viene scoperto un focolaio vengono introdotte immediatamente misure di contenimento. Il Paese ha inoltre in comune con la Cina la prolungata chiusura delle frontiere, favorita dal suo naturale isolamento geografico.

In Europa confini aperti

Provando ad applicare questo discorso all’Europa, si può dire che il tema della chiusura delle frontiere è stato applicato in maniera estremamente più blanda. L’apertura prima dell’estate è considerata una delle ragioni della seconda ondata che è andata crescendo da agosto in poi a partire da Spagna e Francia.

In questo articolo abbiamo analizzato i movimenti dagli italiani prima e dopo la pandemia, sia verso l’estero e sia tra regioni. Appare evidente come il rilassamento delle misure la scorsa estate abbia favorito viaggi all’estero o verso le nostre isole, Sardegna in primis.

La crescita della capacità di testing

Il numero di test nella seconda ondata è invece enormemente aumentato rispetto alla prima ondata. L’Italia in questo non eccelle rispetto ad altri Paesi europei come Inghilterra e Germania, ma dal grafico qui sotto è evidente la crescita in pochi mesi.

TAMPONI GIORNALIERI E CONTAGIATI

Nei tre grafici sotto i nuovi casi di contagio giorno per giorno in rapporto al numero totale di tamponi giornalieri e in rapporto alle singole persone testate. Nell'ultimo, il dato sui tamponi in media mobile a 7 giorni e il peso dei tamponi che certificano la guarigione sul totale

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In Italia si usano le mascherine

Il nostro Paese invece risulta tra quelli dove c’è il maggior utilizzo delle mascherine - completamente assenti durante la prima ondata - secondo questi dati di YouGov, dove impressiona il posizionamento della Svezia in coda alla classifica.

UTILIZZO DELLA MASCHERINA DA INIZIO PANDEMIA
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Il record italiano della mortalità

Questo tuttavia non è bastato a ridurre l’impatto della seconda ondata. In Italia ha fatto più vittime della prima, anche se quello che è successo a febbraio, marzo e aprile rientra solo in parte nelle statistiche dei decessi Covid, come si può osservare dai dati sugli eccessi di mortalità. Vengono ipotizzate diverse spiegazioni di questo primato, in particolare l’elevata età media della popolazione e i ritardi dell’assistenza medica territoriale. Nessuna risulta ancora esaustiva.

Cosa ha scoperto la scienza

In questa pagina aggiorniamo costantemente le scoperte della scienza nella lotta contro il coronavirus con i link alle ricerche scientifiche citate. In un anno sono stati fatti passi avanti enormi nella conoscenza del virus e nella ricerca sui vaccini.

All’inizio della pandemia, ad esempio, non era chiaro se il virus desse immunità. Oggi sappiamo che i casi di reinfezione nel mondo ci sono, ma sono estremamente rari. La risposta naturale all’infezione è realizzata da anticorpi e linfociti e, a seconda delle ricerche, garantisce una durata di almeno 5-6 mesi.

Sul contagio, le ricerche hanno evidenziato in maniera crescente il ruolo degli aerosol, evidenziando così la crescita del rischio durante la permanenza nei luoghi chiusi.

Un altro ambito di studio è quello dei geni, dove emergono le prime ipotesi sul perché alcune persone si ammalino gravemente e altre in maniera asintomatica. Altre ipotesi si spingono a ipotizzare una genetica delle popolazioni che garantirebbe ad alcune una maggiore protezione dei rischi del virus.

Quanto ai vaccini, non era chiaro se mai ne avremmo avuto uno. Il famoso virologo americano Anthony Fauci si era detto cautamente ottimista sulle possibilità di averne uno, ma questo sarebbe stato il primo per un coronavirus (nel caso della sars le ricerche si fermarono a fine pandemia, ma hanno fornito una base per lo sviluppo di alcuni vaccini contro il nuovo coronavirus).

In undici mesi abbiamo avuto il via libera dell’Fda ed Ema a un vaccino ad mRna prodotto dalla Pfizer con risultati molto incoraggianti nei trial clinici e uno molto simile di Moderna (l’ok dell’Ema è atteso per gennaio).

Il rischio mutazioni

Il rischio mutazioni è rimasto sotto traccia. Il virus ha sempre mutato, anche se meno di quello dell’influenza. La variante più preoccupante è arrivata poche settimane fa, guastando il clima di fiducia e speranza originato dall’arrivo del vaccino.

Quella scoperta in Inghilterra è la mutazione più significativa, ma sia Pfizer che Moderna si sono dette fiduciose che il vaccino possa proteggere anche da questa variante. In caso contrario, potranno “aggiornare” il vaccino il 6 settimane. L’unica certezza è che il rischio di mutazioni diminuirà se il piano di vaccinazione procederà in fretta e senza intoppi.

Quando finirà?

Il 2021 sarà l’anno della più grande vaccinazione di massa della storia. Sempre Fauci, di recente ha parlato con il New York Times dell’immunità di gregge. All’inizio della pandemia gli scienziati credevano che la pandemia sarebbe stata sotto controllo con una percentuale dei popolazione con resistenza al virus, naturale o con vaccino, del 60-70%.

Lo stesso diceva Fauci, che però ora ha rivisto la sua stima per arrivare all’immunità di gregge negli Stati Uniti, spostandola verso il 90% della popolazione. Non sarà un passaggio breve, dunque. Lo scienziato americano ha sempre indicato la fine del 2021 come “ritorno alla normalità”.

Nel frattempo per il contrasto al virus dovremo fare tesoro di quando imparato in questi 12 mesi.

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