IL VERTICE
VENEZIA Un rinvio e un colpo, un rinvio e un colpo. L'Autonomia chiesta

Sabato 20 Luglio 2019
IL VERTICE
VENEZIA Un rinvio e un colpo, un rinvio e un colpo. L'Autonomia chiesta dal Veneto perde un altro pezzo. Ieri a Roma, al vertice di governo, il tema fondamentale, la norma finanziaria, viene per l'ennesima volta rinviato a un prossimo incontro da tenersi lunedì o martedì. Ma il colpo arriva subito dopo, senza rinvii: l'articolo 12 della bozza Stefani - che trasferiva alle Regioni le competenze sulla scuola - viene soppresso, cancellato. Seppellito. È un taglio da 3 miliardi all'autonomia del Veneto, soldi che continueranno ad andare a Roma e non resteranno sul territorio. Come se la parola istruzione non fosse tranquillamente elencata, nella Costituzione, tra le materie che si possono trasferire alle Regioni.
Un'ora: duro e breve lo scontro, ieri a palazzo Chigi. Erika Stefani, veneta doc e ministro delle Autonomie, si batte come una leonessa, lasciata sola da Matteo Salvini, assente. Anche il giorno prima, giovedì 18, che era il suo compleanno, aveva sostenuto un lungo confronto tra ministri. Ma è il premier Giuseppe Conte a tagliare la testa al toro, schierandosi nettamente con Di Maio: di cedere la scuola alle Regioni non si parla neppure. All'uscita del vertice, i ministri Cinquestelle s'intestano la vittoria, mentre in Lega si parla di appiattimento del premier sulle posizioni grilline, nonostante le attestazioni di fiducia che nelle settimane scorse il governatore Zaia gli aveva dato, attendendosi da lui un equilibrio tra le posizioni 5stelle e quelle della Lega e delle Regioni. E già a Roma c'è chi pensa che questo appiattimento prepari il ribaltone: un Conte bis appoggiato da 5stelle e Pd.
L'ARTICOLO SOPPRESSO
L'articolo 12 della bozza Stefani prevedeva la facoltà, per Veneto e Lombardia di assumere direttamente i docenti, e di stipulare contratti integrativi come quelli applicati con successo da anni nel vicino Trentino Alto Adige, in modo da garantire la continuità didattica ed evitare il fenomeno dei docenti del Sud che si fanno assumere al Nord e subito chiedono il trasferimento. Invece, comunica trionfante il sottosegretario Salvatore Giuliano, M5s, «il personale della scuola è escluso dalla regionalizzazione, il sistema di istruzione rimane unitario, e in materia di istruzione non ci sarà nessun trasferimento di risorse alle Regioni. Non ci saranno concorsi regionali: l'articolo 12 è soppresso, è una vittoria dei 5stelle e della scuola italiana». «Si è concluso positivamente il vertice di maggioranza - è la nota ufficiale del M5s - la scuola resta competenza nazionale, non ci saranno dipendenti di serie A e di serie B, né differenze di stipendi e programmi». Il premier cerca appena di indorare la pillola: «Sono lieto di annunciare che abbiamo fatto significativi passi avanti sulle Autonomie - dichiara Giuseppe Conte - e intravvediamo la dirittura finale». Ma rivendica la soppressione dell'articolo 12: «Il modello della scuola non può essere frammentato. I governatori non avranno tutto quello che hanno chiesto. Ma ci sta: è un negoziato tra Stato e Regioni». Un negoziato in cui la ministra veneta qualcosa di buono riesce, nonostante tutto, a portare a casa: «Su Sanità, Ambiente e Sviluppo economico - spiega Erika Stefani - sono state accolte le richieste delle Regioni. È una svolta per il territorio, per i cittadini e per le imprese». Ma per ora, è solo un via libera al trasferimento delle competenze, e non ancora dei denari che lo Stato impiega per gestirle.
IL NODO DELLA FINANZA
«L'Autonomia funziona solo se c'è anche l'autonomia finanziaria - rileva Stefani - e qui non accetteremo nessun compromesso: le Regioni che riescono a garantire servizi efficienti riuscendo pure a risparmiare, dovranno essere libere di gestire come meglio credono le risorse risparmiate». La ministra veneta mette non a caso le mani avanti: perché il prossimo colpo all'Autonomia è già in canna, appoggiato da vari ministri 5stelle e governatori del Sud: si vuole che se una Regione virtuosa riesce, metti caso come il Veneto, a gestire bene le competenze risparmiandoci pure, i fondi risparmiati non se li può tenere, ma vanno in un fondo perequativo nazionale a cui attingono le Regioni meno virtuose. Sarebbe una gara tra Regioni a chi spreca di più, tanto chi ha i bilanci a posto non ci guadagna nulla, mentre chi più butta i denari più ne riceve da chi li ha risparmiati sulla pelle dei propri cittadini.
Deluso anche Attilio Fontana, governatore di Lombardia: «Se le premesse sono queste, non sarò disponibile a firmare l'intesa. Sono deluso dal premier Conte, ha ricominciato i vecchi slogan sulla frammentazione del Paese, dimostrando di non voler arrivare a un accordo di vero cambiamento». E sul nodo della Finanza, il governatore della Campania, De Luca, già lucida i cannoni: «Faremo la guerra».
Alvise Fontanella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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