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31 Gennaio 2019

Dopo le prime 48 ore con il microsensore, mi sento un po’ più diabetica di prima


Sono le 9:30 e sono all’INRCA. Entro nella stanza e incontro un ingegnere biomedico, sicuramente più giovane di me e visibilmente appassionato del suo lavoro. Mi sorride e sceglie intenzionalmente parole semplici per descrivermi questo nuovo oggetto. La nostra conversazione si fa più tecnica nel giro di due minuti, ma mi sento sovrastata da una moltitudine di piccole istruzioni critiche.
Mi chiede che telefono ho ed è felice di sapere che ho un iPhoneX e che indosso un Apple Watch.
“Funziona solo con Apple?” chiedo.
“Sì.” risponde (“Cosa?” penso). “Funziona anche con alcuni modelli di Samsung.” mi dice, mentre apre le varie scatole.
È un ragazzo molto cordiale, ma nonostante questo inizio a sentirmi inquieta.

I trend che non avrò mai

L’ingegnere distribuisce i vari oggetti sulla scrivania davanti a me e inizia.
“Questo è il sensore di glucosio, si infila sottopelle. Ti mostrerò come si fa tra un attimo.”
Matrix è uno dei miei film d’azione preferiti e il cervello mi gioca brutti scherzetti: guardo gli oggetti che ho davanti, li associo alla parola “sottopelle” e penso solo alla sequenza in cui le guardie sparano due microcimici nella pancia di Neo.
“Una zecca”, concludo. E questo è il nome temporaneo che ho scelto di dare al primo dei due componenti chiave del kit.

“Questo è il dispositivo per inserire il sensore. Funzione tipo il pungidito.”
Ma è molto più grande, penso.

“Questi sono i cerotti che tengono fermo il trasmettitore al corpo. E questo è il trasmettitore. È resistente all’acqua e si collega al tuo smartphone via bluetooth.”
È quasi bianco e ha una forma simile a una valva, tipo il logo della Shell.
“Una vongola.” penso.
“Puoi posizionarla dove vuoi.”
“Ah… quindi non è permanente?”
“Oh no. Puoi toglierla quando vuoi. Dovrai comunque farlo ogni 6 giorni circa perché il trasmettitore si scarica e va ricaricato, mentre il sensore si esaurisce e va cambiato. Questa è la base per ricaricare il trasmettitore.”
È un piccolo oggettino grigio. Ho scherzato varie volte con i miei amici immaginandomi attaccata a una spina elettrica con un cavetto, come se fossi uno smartphone… per fortuna le cose non andranno così.
“Dove preferisci metterlo?”
“Vorrei iniziare dalla pancia, va bene?”
“Certo. È lo stesso punto in cui ce l’ho io.”
Aspetta… che cosa? Si tocca l’addome per indicarmi il punto in cui è applicato il suo microsensore. “Lo sto testando. Ho provato varie posizioni (gambe, fianchi, spalle) e finora il mio punto preferito rimane il tricipite, ma devi fare un po’ di pratica per inserirlo e fissarlo con una mano sola.”
Apprezzo molto la sua curiosità. Mi mostra il suo telefono e vedo un’app in cui una linea turchese si staglia su uno sfondo nero. È una linea calma e praticamente piatta, sovrastata da un grande “94”, il suo valore glicemico in quel momento. Mi scappa un sorriso amaro: “Quindi questi sono i tuoi valori…”, osservo. “Magari li avessi anch’io così.”

Il grafico di una persona non diabetica ha più o meno ogni giorno questo aspetto.

Il fatto che lui abbia il sensore addosso e che si fidi dei dati che gli restituisce mi rende più semplici le cose. Ma ammetto che l’aver visto i suoi trend così regolari ha scatenato una spontanea avversione per quel grafico, so bene che il mio sarà molto nervoso e zigzagato, bello spalmato davanti ai miei occhi ogni volta che apro l’app.

Giorno 1: il picco delle 9 di sera è il risultato di una Leffe Rossa media. Mi ricorda perché io abbia praticamente smesso di bere birra (e preferito il vino :P )

Quelle che scrivo di seguito sono le nozioni di base che ho memorizzato mentre l’ingegnere proseguiva con il suo onboarding.
Il trasmettitore comunica via bluetooth con il mio smartphone. – Su Apple Watch posso solo ricevere notifiche. – Se si perde la connessione, il trasmettitore registrerà i dati e li invierà al telefono appena la connessione viene ripristinata. – Ho un account e posso accedere ai miei dati anche via browser. I miei dottori all’INRCA accedono alla stessa piattaforma e i miei dati sono automaticamente sincronizzati alla fine del giorno (ma posso fare anche un sync forzato, se ce n’è bisogno). – Posso invitare le mie persone di fiducia dando loro un’utenza da care partner, così possono vedere i miei dati e ricevere notifiche in caso di eventi critici.

Pausa. Ok, penso di aver capito.

Un angolino del mio cervello non riesce a resistere e inizia a farsi lo schema tecnologico della piattaforma, opportunità e vincoli, e la incrocia con quella che inizio a delineare come la mia personale user journey. Sembra facile. Ma… come funzionerebbe se io fossi una mamma con un bambino diabetico? Il Bluetooth funziona in un raggio di circa 6/7 metri. Quindi forse in questo caso potrebbe funzionare co…

“Ok, ora puoi scaricare l’app Guardian Connect.”
Lo faccio e accedo. Ora è arrivato il momento di applicarmi il sensore per la prima volta. Imparo a sparare la “zecca” (e l’“ouch!” lo dico sempre più per la sorpresa che per il pizzicotto) e agganciarci il trasmettitore, che vedo lampeggiare di verde. Lo fermo con i due cerotti. Sono gesti che è bene mi diventino familiari.
Ok, penso di aver capito.

Ora faccio il pairing tra trasmettitore e app, questo passaggio è molto facile. Passiamo qualche minuto a scegliere le impostazioni, perché sono critiche. Per prima cosa, ci sono le soglie per le ipo (a 70) e le iperglicemie (a 200, inizio così e spero di riuscire ad abbassarle un po’ entro poche settimane). Poi ci sono vari tipi di notifiche push: avvisi in caso di eventi previsti (e sono molto molto utili), avvisi in caso di ipo e iperglicemia in corso. Avvisi urgenti per ipoglicemie sotto i 55 mg/dL – questi avvisi ignorano le impostazioni del telefono, nel senso che potrei sentirlo suonare anche se è impostato su “vibrazione”. Posso anche ricevere avvisi che mi segnalano eventuali cambi di trend (lenti, veloci, molto veloci) e anche questi mi sembrano molto utili. Li attivo tutti esclusi i cambi di trend lenti e veloci, e salvo le impostazioni. Ora l’app mi mostra uno sfondo nero e attende che il sensore sia pronto (ci mette un’ora circa).
Ok, penso di aver capito tutto. Posso farcela.

Ora l’ingegnere mi spiega come funziona la calibrazione. Mi dice che è molto importante farla perché aiuta il sensore a interpretare correttamente i miei valori fisiologici. Per calibrarlo, devo fare il mio solito controllo del sangue, usando il pungidito e il mio “vecchio” glucometro. Questa cosa mi sorprende un po’, pensavo che questo oggetto mi avrebbe consentito di mettere glucometro, pungidito, lancette e strisce nel cassetto. Mi sbagliavo.

Le mie medicine e i miei materiali quotidiani, reloaded. L’unica cosa che manca in questa foto è il trasmettitore, connesso al sensore nel mio tricipite sinistro.

Durante la prima settimana, ho fatto il controllo del sangue manualmente fino a 10 volte al giorno invece delle 3 o 4 cui ero abituata, perché i dati che vedevo nell’app non erano corretti – e me lo sentivo fisicamente. Dopo la prima settimana, le cose hanno iniziato ad andare meglio, ma sono abbastanza sicura di star facendo il controllo manuale molto più spesso di prima.

“Money, so they say…”

Chiedo all’ingegnere se può dirmi il prezzo di tutto questo.
“Il kit (trasmettitore, caricatore, dispositivo spara-sensore – rinominato in “spara-zecca”) costa circa 600-700 €. Ogni sensore (la “zecca”) costa circa 60-70 € (cerotti inclusi) e dura circa 6 giorni.”
“È molto costoso… perché i miei dottori mi consigliano di usarlo?”
“Un ricovero in ospedale per ipoglicemia costa circa 3.000 €. Dal punto di vista economico, 4 mesi di sensore costano quanto un ricovero.” (Questa conversazione è avvenuta mentre mi sentivo molto nervosa e sovraccarica di informazioni, non sono sicura di aver registrato il costo di un ricovero, ma sono sicura che l’ordine di grandezza sia questo.)

Ringrazio e saluto il cordiale ingegnere e mentre guido verso casa mi suona in testa la intro di “Money” dei Pink Floyd.
Nel mio post precedente, ho provato a calcolare i costi totali (per persona e nazionali, giornalieri, mensili, annuali e così via) e pensavo che con questo oggetto qualcuno di quei costi si sarebbe ridotto. No.

Kit e sensore
  • Kit: 650 € / 5 anni (1.825 giorni), 0,36 € al giorno, 131,4 € all’anno
  • Sensore: 65 € / 6 giorni, 10 € al giorno, 3.650 € all’anno
  • Totale indicativo: 3.781 € / anno
Totale indicativo reloaded
  • 1 giorno: 5,65 € 16,01 €
  • 1 mese: 171 € 480,3 €
  • 1 anno: 2.052 € 5.763,6 €
  • 9 anni: 18.468 €
  • Previsione fino al 2055 (80 anni): 76.000 € 213.253,2 €
  • Costi per 45 anni: ~95.000 € ~231.721 €
  • [Su base nazionale] costi di base dei materiali e delle medicine: 320.000 (persone affette da diabete 1 nel 2016) x 5.763,6 € = 1.844.352.000 € all’anno

Con il microsensore, i costi triplicano. E se dovessi metterli di tasca mia, dovrei pagare una somma equivalente a un appartamento bello nuovo.
Avete pensato “Oh merda”?. Anch’io.

Una melodia non familiare suona dal mio telefono, la prima calibrazione richiama la mia attenzione. La faccio e la linea turchese inizia il suo corso. Se quella dell’ingegnere era morbida e quasi piatta come un brucomela, la mia sarà come una montagna russa. Oh merda. Si parte.

Designed by doctors

Nel mio telefono tengo spente la gran parte delle notifiche dalle mie app, le odio. La prima cosa che ho fatto dopo aver fatto il pairing con il trasmettitore è stato di controllare se ci fossero altre notifiche da poter disattivare e le ho spente quasi tutte.

Queste sono le notifiche che ho ricevuto da Guardian Connect da allora: giorno 1 – 7; giorno 2 – 21; giorno 3 – 23; giorno 4 – 18; giorno 5 – 12; giorno 6 – 23; giorno 7 – 40; giorno 8 – 15; giorno 9 – 28; giorno 10 – 13; giorno 11 – 21.

Mi ha inviato 221 notifiche in 11 giorni, una media di 20 notifiche al giorno.
Spegnerle è fortemente sconsigliato e configurarle è complicato, anche escludendo alcuni problemi di usabilità e specie considerando l’urgenza di silenziarle quando iniziano a suonare con insistenza. Non c’è verso.

Giorno 2

Una notifica mi sveglia alle 5 di sabato mattina, avvisandomi che stavo per entrare in ipoglicemia. Faccio il controllo manuale: il sensore era fuoristrada. Come dicevo, questi errori sono dovuti a una fase iniziale in cui c’è molto da imparare, perciò sento che, come prima settimana, “zecca” e “vongola” sono nomi perfetti. Assegnare loro nomi più simpatici e affidabili avrebbe significato l’inizio di una vera amicizia.

Sempre nel giorno 2 (sabato sera)

Sono sicura di essere incappata in un caso limite di grande ispirazione. Stavo cenando con le mie amiche più care e senza accorgermene ho appoggiato il telefono su un’invisibile pozzetta di salamoia. L’ho tirato su e ho visto che si era sporcato, così l’ho spento e l’ho pulito per bene. L’ho riavviato e visto che l’app aveva perso la connessione con il sensore. Panico per qualche attimo. Appena arrivata a casa, ho tolto i cerotti, scollegato e ricollegato trasmettitore e sensore. Aveva funzionato, il sensore aveva ripreso a comunicare con l’app. Non volevo sprecare due nuovi cerotti dopo neanche due giorni, così ho preso qualcuno dei miei normali cerotti color carne. Questa è stata sia una buona che una cattiva idea.

Buona idea: se non avessi provato i miei cerotti ordinari, non avrei mai potuto realizzare che Rihanna è un genio e che Medtronic aveva perso l’opportunità di creare un prodotto inclusivo. Dicevo che il sensore è grigio e il trasmettitore bianco, per cui non ha importanza di quale colore sia la pelle su cui viene applicato: sarà sempre ben visibile. Mi convinco che si tratta di un prodotto concepito da dottori e non da designers.

Avrebbe potuto essere come un paio di occhiali e invece la sensazione è quella di avere una stampella. Mi sarebbe piaciuto poter scegliere il sensore in base al suo colore, o per i disegni sulla sua superficie, come un piercing o un tatuaggio. Ok, so bene che il diabete è una cosa seria, ma il sensore così visibile mi fa apparire e sentire come se fossi una paziente 24 ore su 24 – e non dev’essere per forza così.

Cattiva idea: dopo due giorni, i miei cerotti mi hanno fatto irritazione, avevo scordato che non resistono tanto.

Giorno 3

Imparo che quando chiede di essere calibrato, il trasmettitore va in pausa e che calibrare il sensore prima di andare a dormire è meglio, dato che mi ha svegliato alle 3 di notte.

Giorno 4

Dopo circa 60 notifiche, ho iniziato a pensare che forse stavo sbagliando qualcosa io. Forse sbagliavo il momento della calibrazione… l’ingegnere mi aveva detto che era meglio farla mentre i miei valori erano stabili (prima dei pasti, di solito), mentre l’app mi invita a controllare e calibrare ogni volta che viene rilevata una ipo o una iperglicemia. Quindi quand’è meglio calibrare?

Ok, zecca.
Ok, vongola.
Mostratemi di meritarvi la mia fiducia e prometto che sarò vostra amica, anche se siamo piene di difetti.

Piccolo off topic

Ho scoperto che ci sono tanti atleti diabetici e la mia preferita è Monica Priore fin dal 2010. Nel 2018, è stata nominata Cavaliere dal Presidente Mattarella e la sua storia è diventata un docu-movie di 20 minuti per la serie Nuovi Eroi, disponibile su Raiplay.

Le storie di questa serie mi fanno sentire piena di speranza e orgogliosa, ve le consiglio tutte.

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