21 agosto 2018 - 09:08

Napoli, il nuovo grande murales di Jorit Agoch: umanità e bellezza contro il degrado

Nel quartiere di San Giovanni, simbolo della ghettizzazione delle mani della camorra. «I ragazzini possono avere altri modelli, guardanbdo queste immense pitture»

di Amalia De Simone

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A volte anche un murales può essere un potente atto rivoluzionario. Lo dimostra all’arresto avvenuto solo poche settimane fa dell’artista napoletano di fama internazionale Jorit Agoch bloccato mentre dipingeva su un muro a Betlemme, l’immagine della ragazzina attivista palestinese Ahed Tamimi.

Non c’è bisogno però di andare fino in Palestina per fare qualcosa che che sia una scossa per le coscienze, un’emozione, un pensiero che si insinua. E così, dopo i due murales realizzati nel Bronx di San Giovanni a Teduccio nel rione Taverna del ferro e raffiguranti Maradona da un lato, e Noccolò, un ragazzino autistico, dall’altro. Jorit insieme ad altri sue due colleghi e collaboratori, ha deciso di realizzare una terza opera con il volto di Che Guevara e delle scritte che parlano di riscatto e di lotta. Come al solito sono volti che escono prepotentemente dal muro che lo sventrano con la loro umanità e bellezza.

Tanti occhi verso l’alto in questi giorni a Taverna del Ferro, un tappeto di bombolette che a fine giornata scompare, la gara da parte dei comitati a raccogliere finanziamenti per quei «quadri» con gli attivisti Michele Langella e Mimmo Cordone in prima linea, un’impalcatura che va su e giù lungo tutto quel casermone che fino ad oggi è stato raccontato solo come il simbolo della ghettizzazione e del degrado e delle mani della camorra su un quartiere quello di San Giovanni in quella Napoli est da sempre dimenticata e trascurata da tutti, istituzioni comprese . L’area delle raffinerie, oggi oggetto di un processo per smaltimento illecito di rifiuti che ha provocato un danno ambientale forse irreparabile, il mare negato perché destinato sempre e solo di interessi commerciali, le fabbriche dismesse e gli operai costretti a trovare altre soluzioni, l’edilizia popolare post terremoto per anni oggetto di mercimonio da parte dei clan della camorra che occupavano di appartamenti e poi li assegnavano a loro piacimento. Anche questa è Napoli Est. E oggi è il tempo delle «stese», quelle sparatorie a scopo dimostrativo che raccontano l’attività delle cosche camorristiche sul territorio, ragazzi pronti a tutto per spartirsi piccole piazze di spaccio.

«Ben venga Jorit nel nostro quartiere – spiega Deborah Divertito della coperativa sociale Se. Po. Fa. E del comitato Zeta - perché accende riflettori su questo rione abbandonato, dove convivono tante brave persone fianco a fianco con chi invece fa dell’illegalità, della violenza e del sopruso una condotta di vita che finisce per essere imposta anche agli altri. Sì, ben venga Jorit: perché l’arte, soprattutto quella che fa lui, costringe la gente a pensare. Quelle figure potenti dipinte sui muri del Bonx, obbligano a pensieri e domande e così tanti ragazzini che in questo quartiere vedono come modello solamente i camorristi finalmente possono chiedere di questa bellezza e di queste figure rivoluzionarie».

«Qui ogni giorno si spara, ogni giorno c’è una “stesa” e la gente è terrorizzata. Abbiamo chiesto più sicurezza - spiega Roberto Malfatti della cooperativa Se. Po. Fa. e del comitato Zeta - ma non ci sono state date risposte. Speravamo che a San Giovanni a Teduccio potesse essere applicato lo stesso modello del rione Sanità con la presenza di militari e forze dell’ordine, ma nulla è avvenuto e continuiamo ad essere ostaggio del terrore». «C’è di buono che grazie a Jorit e alla sua arte, che abbiamo invitato i bambini delle scuole e delle parrocchie a ridipingere alcuni pezzi di questo quartiere: fioriere, muri, panchine e loro spontaneamente hanno voluto scrivere frasi contro la camorra. Mentre ripulivano le aiuole qualcuno di loro trovato anche dei bossoli e li ha subito riconosciuti perché purtroppo questa è la normalità per i bambini di San Giovanni», conclude Deborah. «La bellezza, la bellezza è sepolta ma prima o poi risorgerà dalle rovine» canta Maldestro, autore figlio di un altro quartiere ghetto, quello di Scampia. E le sue parole sembrano fatte apposta per questi giorni di speranza a Napoli Est perchè n fondo le periferie si assomigliano tutte e sono quei posti «dove chi passa stringe i pugni e taglia corto, dove lo Stato passa solo se c’è un morto, dove la musica non esce da una viola ma dal tamburo freddo di una pistola, (…) dove chi sogna di poterci rimanere, dove c’è chi crede che è possibile cambiare e da un balcone vedere persino il mare».

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