Roma

IL CASO

Campidoglio è allarme liquidità
"A novembre stipendi a rischio"

L'allarme del sindaco nell'incontro con le parti sociali. Ma sul Bilancio i conti non tornano. Alemanno: "È tutta colpa della Regione e dello Stato se ci troviamo in questa situazione

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E ora in Campidoglio è allarme liquidità. Un fantasma, quello della bancarotta, che potrebbe persino lasciare senza busta paga i 26mila dipendenti comunali. A partire da una data precisa: novembre 2012. Se dunque entro i prossimi otto mesi il governo Monti, cui il sindaco Alemanno ha chiesto aiuto, non darà una mano, il rischio crac è molto più di una eventualità.

A lanciare il warning è stato ieri il primo cittadino nel corso del vertice con le parti sociali sul bilancio. Affrontando il doloroso capitolo sui ritardi nei pagamenti alle imprese, Alemanno non ha usato giri di parole: "È tutta colpa della Regione e dello Stato se ci troviamo in questa situazione", ha detto in sintesi. "Roma Capitale, infatti, vanta crediti nei confronti della Pisana pari a un miliardo e 450milioni e ha anticipato 1,3 miliardi alla gestione commissariale per far fronte agli impegni coi fornitori. Uno stato di cose che sta mettendo a rischio la stessa liquidità ordinaria del Comune. Il problema è ora sul tavolo del premier, ma se non lo risolviamo al più presto, fra alcuni mesi potremmo avere difficoltà a pagare gli stipendi". La dead line fissata, appunto, "a novembre 2012".

Un discorso che ha lasciato senza fiato leader sindacali e di categoria, industriali e imprenditori. Un'ulteriore grana per le esangui casse capitoline, da rimettere in sesto con una manovra lacrime e sangue basata essenzialmente sull'aumento delle aliquote Imu, in grado di produrre un gettito di oltre 614 milioni. Un'autentica manna dal cielo. Anche perché, al contrario di quanto finora sostenuto dal sindaco, i conti non tornano. Ragion per cui il varo del Dpf in giunta è slittato ancora una volta: da ieri a venerdì, salvo nuovo rinvio.

Rispetto al "buco" da 730 milioni denunciato da Alemanno, infatti, solo 480 milioni sono imputabili alla riduzione dei trasferimenti statali e regionali. Gli altri 250 milioni che mancano rappresentano invece il deficit accumulato in un solo anno dal Campidoglio. Uno "sbilancio" messo nero su bianco nelle slide distribuite ai presenti (da Regina ad Abete, Cremonesi e Tagliavanti, fino a Bertone e Venditti) così suddivisi: 30 milioni di minori utili delle partecipate; 70 di arretrati sulle contravvenzioni; la bellezza di 100 milioni per "maggiori esigenze" non meglio specificate (probabilmente un aumento della spesa corrente); 37,3 di maggiori spese per oneri finanziari; varie minori entrate per 14,7 milioni. Quest'ultimo ammanco in gran parte provocato dal flop della tassa di soggiorno. È lo stesso sindaco ad ammetterlo: "L'anno scorso abbiamo incassato 53 milioni rispetto ai 72 attesi, contro l'evasione bisogna fare di più".
È pure per questo  -  oltre che per garantire almeno 350 milioni di investimenti altrimenti azzerati dal patto di stabilità  -  che Alemanno venderà subito il 21% di Acea. Mentre rinvierà a una delibera successiva l'eventuale privatizzazione di Ama e Atac, che intanto entreranno con il 100% di capitale pubblico nella superholding delle partecipate. Come chiesto a gran voce dai sindacati. E da una parte della maggioranza.