Agli operatori conviene che la rete sia neutrale

Questa e’ la versione estesa del pezzo che e’ stato pubblicato ridotto su Nova di oggi.

enjoy…

Si e’ conclusa il 30 settembre scorso la consultazione pubblica promossa dal Commissario Europeo Kroes sulla Neutralità della rete.
Ad oggi non sono  ancora noti i risultati pubblici anche se, tra gli addetti ai lavori, sono circolate parecchie bozze. E’ facile prevedere che le risposte saranno numerose e molto approfondite. Il tema è sempre alla ribalta anche negli USA dove l’idea era riclassificare i servizi Internet per consentire alla Federal Communications Commission di disporre una regolamentazione specifica. I servizi informativi infatti (come Internet è classificata oggi) sono sostanzialmente deregolamentati, a differenza dei servizi di telefonia e media.

Google e Verizon hanno presentato una loro proposta di accordo privato che sarebbe dovuto servire come framework tra operatori, un accordo che avrebbe sostanzialmente relegato l’autorità regolamentare (la FCC) ad un ruolo di spettatore o, al massimo, di comprimario senza possibilità sanzionatorie effettivamente efficaci.
La proposta è stata salutata dalla quasi totalita’ dei commentatori, come un tradimento da parte di Google.

Da una riclassificazione legale di Internet Verizon avrebbe da temere l’impossibilità di fare gestione discriminatoria del traffico (l’ennesimo sacro Graal degli operatori di TLC) mentre Google potrebbe correre il rischio di trovarsi una situazione meno favorevole allo sviluppo di Youtube che potrebbe essere  considerato anche in USA alla stregua di una TV, seppur non lineare.
Posatosi il polverone sollevato dalla proposta, in USA sta tornando sul tavolo l’ipotesi di riclassificazione e conseguente regolamentazione.

Le posizioni sono note: gli operatori di Tlc dicono “le reti si stanno congestionando, la banda disponibile e’ poca, occorre segmentarla consentendo a contenuti di determinati fornitori di prendere la corsia di sorpasso, ovviamente dietro  lauto compenso. cosi’ avremo le risorse per potenziare le reti”. Il “resto del mondo”  dice: “una segmentazione del traffico che consente di decidere agli operatori di tlc quali contenuti vanno a quali utenti favorisce gli operatori dominanti a discapito dei piccoli, frena l’innovazione e limita la circolazione delle idee”. Skype potrebbe esseer mai nata se, per essere ammessa con una qualita’ sufficiente, avesse dovuto chiedere il permesso agli operatori telefonici ?

La questione non è banale perchè le sfumature sono molte. Ad esempio, mentre il filo della nostra ADSL che ci collega alla centrale è riservato a noi, il segmento di accesso alla rete cellulare sfrutta lo spettro che, per definizione, e’ condiviso tra tutti gli utenti che si collegano alla medesima cella.  Una situazione simile si è già vista per la verità ai primi anni di internet, quella con i modem che erano molto contesi dagli utenti e spesso si trovava occupato scontentando chi doveva richiamare. Qui la rete risonde sempre, ma suddivide la banda tra tutti i collegati, scontentando tutti. Ai tempi erano stati introdotti meccanismi di gestione della contesa nell’accesso, consentendo solo connessioni di breve durata, dopodichè la connessione veniva abbattuta e l’utente doveva riprovare a telefonare e collegarsi.

C’erano operatori, quale la mia I.NET, che offrivano servizi di qualità superiore per cui un utente trovava sempre il modem libero e la banda era sempre piena, facendosi pagare una cifra appropriata per poter continuare ad investire ed offrire prestazioni costanti nel tempo ai propri clienti.  C’erano anche operatori che offrivano un servizio di qualità media assai inferiore, non costante nei luoghi e nel tempo, traendo i prori ricavi dal traffico telefonico in misura sufficiente ad effettuare gli investimenti necessari.
Una segmentazine della clientela è quindi possibile ed è nella storia di Internet, senza dover necessariamente svolgere il ruolo di custode che decide chi puo’ partecipare alla competizione nel mercato e chi ne viene escluso o inibito.

Kenneth Carter è un brillante economista, considerato un visionario, che lavorava alla FCC nella gestione precedente; poi ha lasciato per trasferirsi in Germania dove lavora presso Wik (società di consulenza specializzata nelle tlc, in analisi e modelli economici) sui suoi temi preferiti: la regolamentazione dello spettro (dalle aste al white spectrum, argomenti di cui è considerato il guru) alla Net Neutrality.
Sul suo blog Kennet ha fatto una osservazione illuminante che cerco di condensare: se ci fossero tariffe differenziate praticate da un operatore sulla sua rete per determinati servizi, gli utenti di altri operatori ne risulterebbero svantaggiati determinando un aumento enorme di complessità nelle relazioni economiche tra operatori e innescando un fiume di conflitti regolamentari ed antitrust, cosa che porterebbe agli operatori numerosi svantaggi.

Cerco di chiarire con un esempio: immaginiamo che due oepratori TeleBig e TeleSmall offrano sulla propria rete un trasporto prioritario per tutti i fornitori di applicazioni di videochat; i loro abbonati, quando parlano all’interno di ciascuna rete, avranno una esperienza impeccabile. Quando pero’ un abbonato di TeleSmall parla con uno di TeleBig avrà una esperienza negativa o quantomeno erratica perche’ l’interconnessione tra i due operatori non ha alcuna garanzia.
Ovviamente, dato che TeleBig ha pi abbonati, la maggior parte delle chiamate includeranno suoi utenti e quindi il nuovo abbonato, alla ricerca della miglire esperienza, preferirà TeleBig aTeleSmall: una distorsione della concorrenza grazie all’effetto rete determinato dalla mancata interoperabilita’ con livello di servizio garantito tra i due operatori.

Quando si e’ sviluppata la concorrenza nel mercato telefonico le interconnessioni tra gli operatori erano ben stabilite e misurate in ogni parametro tecnico, cosa che non avviene con le interconnessioni delle reti Internet che sono di tipo “best effort”.
Per evitare abusi di posizione dominante le interconnessioni che oggi sono best effort dovrebbero essere specificate e sorvegliate, per ogni servizio oggetto di prioritizzazione. Inoltre dovrebbero essere dimensionati ed ampliati continuamente in modo opportuno, al fine di evitare strozzature che avrebbero lo stesso effetto anticompetitivo.

Se un traffico prioritizzato da TeleBig viene fornito a prezzi maggiorati e TeleSmall può interconnettersi con TeleBig con quel livello di servizio, TeleSmall potrebbe non far pagare alcuna maggiorazione e quindi finirebbe per attrarre tutti i fornitori di servizi che si basano su quella prioritizzazione. L’unica possibilità e’ quindi che TeleBig faccia pagare a TeleSmall il suo consumo di interconnessione con qualita’ di servizio.
Gli accordi economici tra operatori che sono alla base di Internet  sono di tipo “bill&keep”, ovvero ogni operatore fattura ai propri abbonati e ne trattiene i ricavi, al contrario della telefonia in cui gli operatori si fatturano il traffico che si scambiano.
Se si introducesse una fatturazione aggiuntiva per qualita’ di servizio, i punti di interconnessione oltre a dover scambiare il traffico con quella qualità per le ragioni sopraesposte, dovrebbero essere misurati e tariffati (oltre che sorvegliati).

Le considerazioni di cui sopra riguardano comunicazioni “da chiunque a chiunque” che coinvolgono il vasto pubblico. Esistono situazioni diverse, quali clienti che scambiano tutto il proprio traffico sulla rete di un solo operatore, all’interno delle proprie intranet aziendali.
Questo traffico è oggetto di prioritizzazione come “managed service” almeno da quando è stato introdotto l’MPLS e continuare a farlo non ha nessuna implicazione anticompetitiva del tipo descritto sopra. Anche servizi di prioritizzazione sul segmento di accesso alla rete non ha alcuna implicazione anticompetitiva, fintanto che riguarda semicircuiti, come ad esempio la prioritizzazione del traffico voce sull’ultimo miglio di un accesso ADSL rispetto al trasferimento di file per consentire all’utente di telefonare bene.

La prioritizzazione a pagamento del traffico “end to end” oltre a porre questioni di principio legate alla diffusione dell’innovazione ha dei risvolti pratici di competizione sul mercato che si riverberano su tutti gli operatori inducendo un intricato e costoso aumento di complessità del sistema.

Nella rete fissa (accessi ADSL) il principale collo di bottiglia non risiede nè nel segmento di filo che collega la nostra casa alla centrale (che usiamo esclusivamente noi: se è saturo è colpa nostra) nè nelle dorsali in fibra ottica che sono ampliabili pressochè indefinitamente a costi assai contenuti. Il collo di bottiglia risiede nel “secondo miglio”, il segmento che collega le centrali alle dorsali che, laddove non realizzato in fibra ottica (che consentirebbe un ampliamento sufficiente a costi contenuti), richiede investimenti ingenti per il suo  passaggio a fibra ottica; investimenti generalmente non remunerativi.
Guardando al futuro, per la rete fissa la via maestra per sostenere con prestazioni adeguate la crescita del traffico non è la introduzione di corsie preferenziali ma la rimozione della scarsità, ovvero l’estensione della infrastruttura in fibra ottica. In questa direzione si stanno muovendo gli sforzi di autorità di regolamentazione e aziende, tra difficoltà notevoli che trarrebbero beneficio da un forte indirizzo e sostegno politico.

Nella rete di telefonia mobile gli operatori stanno vivendo un periodo di grande evoluzione. Il traffico dati è stato storicamente una fonte di ricavi marginale, di molto inferiore agli SMS, a loro volta di molto inferiori alla applicazione regina: la voce in mobilità.
Il costo di una telefonata è principalmente funzione della sua durata e la modalità praticata dagli utenti per controllare la spesa, conseguentemente, è fare telefonate brevi. Il tempo è sia il driver di prezzo che il driver di costo: piu’ lunga la telefonata, maggiore l’utilizzo di risorse (byte trasmessi) sulla rete.

Non sorprende quindi che, sfruttando questa abitudine degli utenti, le prime tariffe dati in mobilità siano state basate sul tempo di connessione  salvo poi realizzare che 3 minuti di chat fanno un consumo di risorse migliaia di volte inferiore a 3 minuti di video e che quindi il driver di prezzo (il tempo) era diverso dal driver di costo (il volume). Lo sviluppo dell’elettronica, infatti, ci mette in mano degli oggetti con una potenza di calcolo superiore a quella usata per mandare gli uomini sulla luna, oggetti che ci consentono di usare applicazioni assai affamate di banda.
Il risultato di questi due fattori è che il traffico dati finisce per essere venduto ad un prezzo inadeguato a garantire gli equilibri aziendali degli oepratori (investimenti, costi oeprativi, dividendi, ripagamento del debito, ecc.).

Nella rete wireless, se i ricavi da traffico dati non sono sufficienti a garantire la remunerabilità necessaria, la via maestra è aumentare i prezzi legandoli al driver di costo: il volume. Nella rete fissa l’aumento del consumo di banda va soddisfatto con il potenziamento della rete, in primo luogo convertendo il secondo miglio in fibra ottica, laddove necessario, armonizzando gli interessi dei vari stakholder.

Risolvere il problema della remunerazione dell’aumento di traffico mediante gestione di differenziazioni di servizio e relativi prezzi è una soluzione semplice, elegante ma sbagliata. Presenta altre aree di criticità segnalate da gruppi per la difesa dei consumatori, della privacy, dei diritti civili, ecc: questioni importanti che vanno oltre a quanto presentato in questo articolo che affronta l’argomento solamente da un punto di vista tecnico-economico:  la gestione di differenziazioni di traffico e relativi prezzi, per la struttura stessa di internet implica un eccesso di complessità che la rende economicamente inefficace.

Bisogna stare attenti ad esprimere dei desideri: c’e’ il rischio che si avverino.

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