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Focus: Allarme nel mondo del pallone

Sla, ora il calcio ha paura. «I casi sono almeno 51»

Guariniello: patologia professionale

Ora il calcio ha paura. Di un’avversaria impossibile da fermare: marca a uomo, e quando ti prende non ti molla più. Molti calciatori in attività, qualcuno del giro della nazionale e qualcun altro con la coscienza un po’ sporca, si fanno visitare periodicamente da un neurologo di fiducia. Basta un piccolo falso allarme a scatenare la psicosi. I casi noti di Sla nel calcio italiano continuano a crescere: sono diventati 51, decessi inclusi. E la domanda allo specialista, ormai, è la stessa: «Dottore, ho la Sla?».

Rotto il tabù

Il calcio italiano, che fino a ieri negava qualsiasi relazione con la sclerosi laterale amiotrofica per paura di ricavarne un’immagine negativa, ha decisamente cambiato rotta. Dagli incassi di Italia-Montenegro, match di qualificazione ai Mondiali 2010, mercoledì a Lecce, 150 mila euro verranno dirottati verso un gruppo di lavoro coordinato dal dottor Paolo Zeppilli e destinato a finanziare la ricerca. Un passo importante per un ambiente che rifiutava di avere un problema chiamato Sla. «Coinvolgerò esperti italiani e stranieri: lavoriamo per i nostri tesserati, maanche per tutti coloro che hanno la Sla» dice Zeppilli. Il calcio riconosce di essere malato, quindi? «Un attimo. Per noi la malattia professionale dei calciatori è la pubalgia. È incontrovertibile che di sclerosi possa ammalarsi chiunque. Cercheremo di capire, però, perché nel nostro mondo ha questa incidenza ». I giocatori sono preoccupati, vogliono sapere. A Coverciano, nel ritiro della nazionale in vista di Bulgaria-Italia di domani, si è parlato molto di Sla. L’emozione scatenata dalla notte di lacrime e stelle organizzata per Stefano Borgonovo, il centravanti del Milan di Sacchi, lo specchio spietato nel quale a Firenze si è visto riflesso tutto il calcio italiano dagli anni Settanta in poi, è stata violenta. I senatori si sono fatti venire delle idee (Cannavaro: «Tassiamo i nostri stipendi per la ricerca»), i giovani sono allarmati (Montolivo: «Tra noi c’è malessere: non possiamo più far finta di niente»; Giovinco: «Coinvolgiamo anche la Liga spagnola e la Premer League inglese»), certi ex dormono male la notte. Massimo Orlando, per esempio, 37 anni, che con Borgonovo condivide un passato nel Milan e nella Fiorentina: «Io in carriera ho avuto tanti infortuni e ho preso tante medicine. Molti miei colleghi hanno paura e non parlano. Io sì: vorrei chiedere a chi ci ha curati se ci ha veramente dato qualcosa di strano...». L’ambiente è in fermento e l’Associazione calciatori lancerà un’adesione volontaria al progetto Sla della Federcalcio. «Oggi gli atleti sono molto spaventati—conferma il professor Adriano Chiò del dipartimento di neuroscienze di Torino —. La sclerosi rimane una patologia rarissima, giocare a calcio non comporta rischi. Purché sia calcio pulito».

C’è anche Bernardini

Lo scafandro e la farfalla. Prigionieri del proprio corpo e, forse, dello sport a cui si è dedicata una vita. Pochi sanno che Fulvio Bernardini, ex calciatore, allenatore di Fiorentina e Bologna, ct dell’Italia ha molto in comune con Segato, Rognoni, Vincenzi, Soldan, Gritti, Lombardi, l’arbitro Giovanni Nuvoli e Gianluca Signorini, la bandiera del Genoa ammainata a 42 anni. Il Professore morì il 13 gennaio 1984, a 79 anni. Di sclerosi laterale amiotrofica. La prima moglie della Sla a chiedere a un magistrato di aprire un’inchiesta sul pallone avvelenato fu la vedova di Bruno Beatrice, centrocampista della Fiorentina dei misteri, quattro morti (Saltutti, infarto; Ferrante, tumore; Longoni, vasculopatia cardiaca; Beatrice, leucemia) e troppi drammi sfiorati, perché il calcio non si ammala solo di sclerosi,ma di improvvise patologie mai del tutto chiarite. Nel 2006 la figlia di Beatrice, Claudia, ha fondato l’Associazione vittime del doping. Che è una delle ipotesi alla base della Sla. 24 mila calciatori monitorati dalla fine degli Anni 60 al 2007. Su un sottocampione di 7325 professionisti, l’incidenza attesa della Sla era 1,24. Quella osservata: 6,45. Cinquantuno i casi noti, decessi inclusi. Sei le società più colpite: Fiorentina, Torino, Genoa, Samp, Como e Pisa. «Pensavo di imbattermi in qualche tumore—racconta ilpmdi Torino Raffaele Guariniello —, ho trovato una patologia professionale». Muratori, agricoltori, contadini. E calciatori. Cortex (la corteccia surrenale molto evocata da medici e atleti), Micoren, Voltaren, antinfiammatori: i verbali degli interrogatori sono una spoon river di bugiardini. «Non è utile legare il calcio alla Sla in modo indifferenziato: ai fini della prevenzione sul lavoro, bisogna capire. Perché nessun ex è venuto a trovarmi? Perché all’estero nulla si muove? Perché Fifa e Uefa non prendono iniziative? ».

Molte ipotesi, nessuna cura

Su un pilastro di partenza sono tutti d’accordo: «Per ammalarsi di Sla ci vuole una predisposizione genetica » spiega Mario Melazzini, presidente dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), malato lui stesso. Sottolinea: «La Sla è una malattia per ricchi: un tetraplegico ha un costo per la famiglia che si aggira sui 60 mila euro all’anno». Anche la ricerca è cara. E avanza con fatica. «È un lavoro lento e complesso: gli atleti hanno contratto il fattore di rischio 15-20 anni fa, risalire non è facile—dice il professor Chiò —. La recente scoperta di una proteina collegata alla malattia, la Tdp43, potrebbe essere un’importante chiave di volta. Abbiamomandato 800 campioni di Dna di pazienti italiani al National Institute of Health di Washington, un importante istituto di ricerca. Al momento, per la scienza, tutte le concause si equivalgono». Eccole. 1) Traumi agli arti e alla testa. C’è un’evidenza: i calciatori spesso sviluppano la forma bulbare di Sla, con danni al blocco facciale. I centrocampisti corrono molto, e prendono più colpi nei contrasti. Nessun caso di Sla registrato tra i portieri, infatti. 2) Il contatto con pesticidi e diserbanti dei campi. Guariniello ha mandato i suoi ispettori negli stadi e agli allenamenti dei club più colpiti, ha fatto interrogare i giardinieri e i manutentori dei prati, sta ricostruendo l’elenco dei prodotti più usati per curare il verde: ricorre la formaldeide, un potentissimo battericida. Nella cantina di una squadra sono stati trovati vecchi barattoli, subito mandati a esaminare. 3) Il doping. Tesi mai provata ma non esclusa da un lavoro del professor Angelo Poletti dell’Università di Milano: «La morte del neurone motorio potrebbe essere provocata da eccessivi livelli di androgeni nel sangue, come quelli ottenuti assumendo ormoni o anabolizzanti. 4) Abuso di farmaci non vietati, spesso fuori dalle esigenze terapeutiche. Anche gli integratori possono influire: Stefano Belli e Nicola Vanacore, dell’Istituto superiore di Sanità, ipotizzano il ruolo degli aminoacidi ramificati e della creatina come motore della Sla.

Gaia Piccardi
10 ottobre 2008

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