Sembra una profezia di Casaleggio-Crozza: tra cinquant’anni il politicamente corretto proibirà le battute sugli uomini di Neanderthal, perché loro saranno tra noi. Stavolta però c’è poco da ridere. Parafrasando Wilde, la realtà imita il cabaret: un serissimo e celebre studioso di genetica britannico ha annunciato di essere pronto a clonare un neanderthaliano se soltanto troverà la volontaria disposta a fargli da madre, facendolo crescere nel suo grembo. Frankenstein passando per Jurassic Park, battuti sul filo di lana gli scienziati russi che volevano far rivivere il mammut siberiano.

Il professor George Church, 58 anni, della Harvard Medical School, è un pioniere della biologia sintetica, protagonista dello Human Genome Project che ha mappato il nostro Dna. Ha preferito fare il suo sensazionale annuncio lontano da casa, sulle pagine del settimanale tedesco «Der Spiegel»: «Sono già riuscito a ottenere abbastanza Dna dalle ossa fossili per ricostruire la sequenza genetica di questa specie umana estinta. Adesso mi serve soltanto un’avventurosa femmina umana».

Church è convinto di poter riportare in vita un essere sparito dal pianeta oltre 33 mila anni fa, anche se «dipenderà da un sacco di fattori». Lo scienziato prevede di iniettare il Dna neanderthaliano nelle cellule staminali di un embrione umano nei primi stadi di vita. L’idea è che le staminali indirizzeranno lo sviluppo dell’embrione verso la linea Neanderthal piuttosto che verso quella dell’Homo Sapiens. Una volta cresciuto per alcuni giorni in laboratorio, l’embrione neo-neanderthaliano sarà impiantato nel ventre della madre «adottiva», la volontaria che ancora non ha un nome ma certo ha già un futuro nell’editoria con il libro autobiografico che più o meno s’intitolerà «Ho dato la vita a Neandy».

La prima difficoltà del progetto è etica e legale più che scientifica, la maggior parte dei genetisti britannici è convinta che la clonazione umana sia inaccettabile; inoltre in molti Paesi, tra cui la Gran Bretagna, è illegale. Dal punto di vista medico, una delle principali obiezioni è che il sistema immunitario della nuova creatura sarebbe del tutto inadeguato a questo mondo, senza contare i rischi che il piccolo nasca con terribili deformazioni.

Ma Church è convinto che la sua impresa sia così innovativa da non essere incasellabile in alcuna delle attuali definizioni della giurisprudenza. Con l’insofferenza dello studioso che considera la scienza al di sopra della società, dice: «Siamo capaci di clonare tutti i tipi di mammiferi, perciò è molto probabile che sia possibile farlo anche nel caso dell’uomo. Perché non dovremmo essere in grado di farlo?».

Certo, la prometeica volontà di conoscenza, ma perché ricreare una specie estinta? Il professore spiega che l’alterazione del genoma umano potrebbe fornire risposte per curare malattie come il cancro o l’Aids, oppure permettere di allungare la vita umana.

Church è convinto che l’uomo di Neanderthal non fosse quella specie di mezzo scimmione che si raffigura la fantasia popolare. «I neanderthaliani - dice - potrebbero pensare diversamente da noi. Sappiamo che avevano il cranio più grande del nostro, quindi potrebbero essere più intelligenti di noi». Queste tesi sono esposte nel suo recente libro dall’inquietante titolo: «Regenesis, come la biologia sintetica reinventerà la natura e noi stessi». Per fortuna non si spinge a concepire la rigenerazione degli ominidi più antichi o dei dinosauri come in Jurassic Park: la cosa sarebbe (per ora) impossibile «perché l’età limite di un Dna utilizzabile è di circa un milione di anni».

Philippa Taylor, dell’associazione dei medici cristiani che raccoglie oltre quattromila membri in Gran Bretagna, ha detto orripilata: «Non so da dove cominciare, se dalle preoccupazioni etiche o da quelle mediche».

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