Pisapia, Avvocato di Google: la decisione conferma che Google non aveva alcun obbligo di controllo preventivo

News Regioni.

Lo afferma Giuliano Pisapia, il legale che, con Giuseppe Bana, ha difeso gli imputati a giudizio
Per l’avvocato importante e’ che non sia passato i principio che pretendeva “l’obbligo giuridico di un controllo preventivo di cosa viene immesso in rete”. Il Tribunale di Milano, infatti ha assolto tutti gli imputati dal reato di diffamazione. I due legali annunciano gia’ un ricorso in Appello nei confronti di una sentenza “che e’ stata emessa senza presupposti di fatto e di diritto. Google si e’ comportata correttamente. non aveva alcun obbligo di controllo preventivo di video e di messaggi che venivano immessi in rete mentre invece, nel momento che e’ stata informata di quel filmato ignobile ha subito provveduto a cancellarlo”.
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3 thoughts on “Pisapia, Avvocato di Google: la decisione conferma che Google non aveva alcun obbligo di controllo preventivo”

  1. volutamente ironico:
    quando si tratta di visualizzare (o non visualizzare) gli ads tematizzati alla pagina il controllo preventivo sui contenuti però gli riesce piuttosto bene 😀

  2. Se è pur vero che, come ormai appare accertato, la condanna verte sull’illecito trattamento di dati personali e non direttamente sulla responsabilità dell’intermediario alla fine il primo aspetto si riverbera sul secondo e quindi penso sia opportuno ribadire che la Rete non deve diventare una televisione.
    Escludendo, infatti – come voglio ben sperare – che tutto si riduca al fatto che nelle condizioni generali di Google non c’era o era carente l’informativa all’utente circa la necessità di acquisire il consenso del terzo ripreso prima di caricare il video – considerato che vi erano dati sensibili – perchè se così fosse saremmo di fronte ad uno di quegli inutili formalismi che invece di elevare la tutela della privacy ne fanno scadere ogni sostanziale percezione tra i comuni mortali (non avvocati), rimane l’ipotesi che la responsabilità di Google derivi dalla omessa richiesta di autorizzazione al Garante.
    Questo non può dunque che riportarci direttamente all’ipotesi che il tribunale di Milano abbia di fatto interpretato l’assenza di obbligo di vigilanza in capo agli intermediari prevista dalla normativa sul commercio in modo peculiare, in quanto è di fatto impossibile per un ugc provider valutare l’eventuale sussitenza di dati sensibili nei video caricati dagli utenti.
    In realtà rimane un’ultima possibilità, e cioè che il Tribunale abbia accertato che Google non ha effettuato il take down in tempi adeguati, se è su questo che si basa la condanna non avrei nulla da accepire, per questo attendiamo le motivazioni. http://bit.ly/djGJMJ

  3. Forse è solo un dettaglio, ma a me pare stridente (per non dire altro) il contrasto fra la velocità dell’evoluzione della nostra società (che ha portato, col diffondersi del fenomeno UGC, a trovarci con casi come questo) ed il fatto che fra la sentenza e la pubblicazione delle motivazioni passino 3 MESI.
    Pare che per la nostra giustizia 3 mesi siano l’atomo, al di sotto del quale non si può scendere per nessun motivo.
    In 3 mesi quanti processi mediatici si consumeranno intorno a questa vicenda, forse arrivermo alla rottura dei rapporti diplomatici fra Italia e USA, potrebbe scoppiare una guerra.
    Scherzo, ovviamente, ma anche no.

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