BladeofPhantomMaster_testaIn-Wan Youn e Kyung-Il Yang, già conosciuti in Italia grazie ad Island e Deja-vu, rappresentano un caso editoriale che vanta poche altre analogie; infatti i due “mangaka” sono di origine coreana, ma collaborano ormai da anni regolarmente con Shogakukan. E’ superfluo sottolineare quanto ciò sia inconsueto, soprattutto considerato lo stato di congestione in cui versa l’editoria manga nipponica, ed all’interno della quale già per gli stessi autori giapponesi è difficile emergere. Shin Angyo Onshi, felicemente conclusosi con il volume 17 (contando all’attivo anche un film animato che rielabora le vicende narrate nei primi capitoli dell’opera), ha invece riscosso un tale apprezzamento in Giappone che la casa editrice Shogakukan ha recentemente deciso di puntare sul prolifico duo nuovamente, serializzando il loro apprezzato Defense Devil.
Tale premessa non vuole essere gratuitamente lusinghiera, ma getta le basi per la comprensione della natura ibrida dei tanti contenuti storico-culturali dell’opera in esame.
Blade of the Phantom Master - Shin Angyo Onshi è, infatti, un fantasy con una forte caratterizzazione storica; ambientato in un oriente realistico che, al tramonto del XIX secolo, vede decadere le proprie tradizioni e gli equilibri sociali, a causa di una inesorabile occidentalizzazione. Molti sono i cambiamenti introdotti da tale riassetto, tra i tanti l’importazione delle devastanti armi da fuoco.
In tale contesto verosimile, trovano spazio figure e vicende appartenenti al classico canovaccio della “mitologia” Coreana e Giapponese, ed è sempre curioso constatare, anche grazie ai continui approfondimenti che gli autori propongono tra un capitolo e l’altro, come siano frequenti assonanze tra le due tradizioni. E’ questo il caso delle iniziali citazioni riguardanti La leggenda di Chun Hyang, ben conosciuta in buona parte dell’oriente, anche se con alcune varianti, tant’è che anche le CLAMP se ne sono ispirate per realizzare un omonimo manga.

Il regno di Jushin (realmente esistito) è decaduto. Angherie e soprusi vengono impunemente consumate ovunque, e la vita di ognuno è perennemente minacciata dalle mostruosità partorite dalla corruzione umana. Contrariamente a quel che si potrebbe pronosticare a questo punto, non assistiamo all’entrata in scena di alcun paladino che lotta per un bene supremo. Munsu è infatti un protagonista inconsueto, come se ne son visti pochi prima: cinico, pragmatico, arrogante, schivo, astuto, che antepone i suoi interessi a qualsiasi altra cosa… come sicuramente nelle intenzioni dell’autore, egli potrebbe risultare decisamente indigesto al lettore sin dalle iniziali battute.
Costui si ritrova a ricoprire, a quanto pare suo malgrado, il ruolo di Angyo Onshi; una sorta di agente governativo (figura anch’essa realmente esistita) che erra per il regno in incognito, al fine di riportare ordine e giustizia dove necessario. Egli sembra in realtà perseguire un fine tutto personale, che lo porta solo accidentalmente ad incrociare il destino di gente povera, vessata ed indigente, di cui in realtà si infischia altamente, deprecandone persino la mancanza di iniziativa con frasi del tipo: “I miracoli non accadono a chi sta fermo ad aspettare l’aiuto del cielo”. La sua è una ricerca maledetta in realtà, la caccia ad un essere diabolico che sembra aver avuto parte attiva nella caduta dell’impero Jushin; ma questi ed altri trascorsi verranno man mano centellinati al lettore con tecniche narrative mai scontate. Il nostro potrà comunque contare sul supporto del suo Mahai, un antico medaglione (ne esistono di tre tipi in realtà) in grado di evocare l’armata fantasma di Jushin al grido di: “Tremate! L’angyo onshi è qui!”. Questo mezzo non va però visto come il solito deus ex machina cui l’autore fa ricorso, nei momenti critici, al fine di trarre l’angyo onshi fuori d’impaccio. Esso possiede, infatti, delle grosse limitazioni, ed al suo proprietario toccherà far ricorso, piuttosto, alla propria abilità ed al proprio ingegno, oltre che alla cara polvere da sparo.

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Nonostante un inizio forse un po’ “classico”, con quel che suona per certi versi come un palese omaggio al primo capitolo di Berserk, il manga abituerà a colpi di scena sin dagli esordi della narrazione, cosa che fornisce nell’immediato un’idea di cosa il lettore dovrà aspettarsi; anche se l’intreccio si farà davvero interessante dopo un paio di volumi. Infatti nei primi l’opera si concentra più su di una sceneggiatura ad episodi autoconclusivi, alcuni con dei picchi di coinvolgimento degni di nota, con i quali però vengono più che altro presentati il contesto ed i vari personaggi. Dopo che a Munsu si saranno infatti uniti la bella Sando ed il buffo Banja, In-Wan Youn abbandona l’iniziale struttura narrativa, per abbracciare uno sviluppo più ampio ed articolato, grondante di misteri e retroscena tutti da svelare.
Da un certo punto in poi il racconto si concentrerà anche su di una importante componente sentimentale, che potrebbe sicuramente risultare gradevole anche alle lettrici che normalmente si tengono lontane da seinen di questo tipo, perché magari aprioristicamente ritenuti un’accozzaglia di violenza e volgarità. Sia ben chiaro: in quest’opera non vi è nessuna traccia di buonismo, ma allo stesso tempo non si nota uno smodato ricorso ad una cattiveria deviata e gratuita; trattasi in definitiva di un particolare equilibrio reso possibile, soprattutto, dalla forte e ben riuscita caratterizzazione dei personaggi dell’opera. Proprio per questa sua completezza, Shin Angyo Onshi potrebbe risultare gradito praticamente a qualsiasi lettore maturo.
Risulta, infine, piacevolmente spiazzante il ricorso ad un certo umorismo che, pur facendo capolino nelle situazioni più impensate, ben riesce a coesistere con le più complesse e toccanti tematiche principali.

BladeofPhantomMaster_sxIl disegno di Kyung-Il Yang è, come nella miglior tradizione coreana, estremamente ricco e particolareggiato, ma allo stesso tempo si dimostra sempre leggibile e pulito, anche nelle scene d’azione più concitate. Magistrale è inoltre il ricorso ad un’ampia tessitura chiaroscurale, resa tramite un'efficace combinazione di retini ed un fittissimo tratteggio incrociato, e atta a caricare di emotività le tavole più significative della narrazione. Il chara design, inizialmente più spigoloso, acquista morbidezza col succedersi delle tavole, ed un occhio di riguardo viene sempre prestato alla credibilità ed alla naturalezza delle anatomie, anche per quel che concerne il bestiario; allo stesso tempo però si dimostra una certa versatilità, come nel caso del moderato ricorso ad un nipponicissimo stile caricaturale per alcuni passaggi ironici.

L’edizione JPOP è indubbiamente una delle migliori che questa casa editrice abbia sfornato di recente. La grafica di copertina ed i materiali di qualità utilizzati, contribuiscono a fornire ad ogni albo un aspetto decisamente pregiato. La sovraccoperta è robusta, la resa di stampa è ottima, la carta è bianca, liscia ed esente da evidenti trasparenze, ciò anche grazie alle ricche tavole di Kyung-Il Yang, che raramente lasciano degli spazi bianchi non disegnati. Inoltre non mancano delle belle pagine a colori ad inizio volume, stampate su carta più spessa e patinata.
JPOP poi merita un ulteriore encomio per aver avuto il coraggio di salvare così repentinamente questa opera dal limbo in cui era ormai caduta in Italia, visto che la Play Media Company ne interruppe prematuramente la pubblicazione dopo averne presentato sulla rivista Shogun i primi capitoli, raccolti poi in monografico nei primi tre volumi della serie.
A questo punto ci si augura che venga proposto anche Shin Angyo Onshi Gaiden, una piacevole side story in volume unico del 2007, contenente una serie di racconti che approfondiscono il passato di alcuni protagonisti della serie principale.

Concludendo, In-Wan Youn e Kyung-Il Yang hanno dato vita ad un opera che si può definire, senza aver paura di esagerare, completa sotto ogni aspetto; che rende in sé proficuamente complementari due modi differenti di intendere l’arte sequenziale, quello dei manga e dei manhwa, e che per di più attinge a piene mani dalla storia e dal folclore appartenente a queste differenti, seppur geograficamente prossime, realtà culturali.
Se siete in cerca di una coinvolgente avventura fantasy ben disegnata, e ancor meglio raccontata, che non risparmia digressioni nell’horror, l’action, lo humour ed il sentimentale, allora avete trovato il manga che fa per voi: la lettura di Blade of the Phantom Master - Shin Angyo Onshi potrebbe riservare non poche soddisfazioni.